Chi è ” Camillo Tosti “
..Nella nostra instancabile ricerca di radici Trasteverine e Romane in genere, attingiamo a racconti in strada, cerchiamo foto su web e mercatini, ma non disdegnamo di attingere a chi abbia voluto lasciare tramandazione cartacea.
Così ci siamo imbattuti in un libro che narra le memorie di un cameriere, ma non uno qualsiasi, bensì Camillo Tosti, che ha attraversato i decenni più belli accompagnato dalle vicende di cronaca e sociali di questo paese e di questa Roma.
Lo facciamo per tramandare una ricetta quella dei Carciofi alla Giudia, non sara la migliore, ma quella che a Roma , negli anni settanta era considerata tale.
Il libro si chiama: “Via Veneto Dolcevita, Trastevere Malavita”.
vi invitiamo a comprarlo in E-Book o cartaceo, perché denso di aneddoti, nomi e personaggi, di incontri e racconti sulla banda della Magliana , ma anche gentiluomini, prelati e truffatori vari…
Una vita in strada, di imprenditoria di trionfi e di fallimenti…dove potrete leggere e rileggere la storia del Paese e di questa città, visti con gli occhi di un riservato e discreto cameriere.
…Passando tra tavoli di attori, monsignori e banditi (spesso lo stesso tavolo…) ha raccolto inestimabili aneddoti di vita vera vissuta…
Da questo libro estraiamo una ricetta che non mancherà di generare consensi e polemiche, ma è la vera ricetta del Carciofo alla giudia di Piperno di allora, quello che non temeva confronti…provatela per quello che è, nelle ricette come nei racconti, non esiste l’assoluto, ma solo le suggestioni più vicine alla verità.
Trastevere, quella vissuta e descritta dall’autore, si assapora in queste immagini girate dai tavoli di Alfredo, poi divenuto Sabatini negli anni successivi
I Carciofi alla Camillo
…”Dicevo precedentemente di come avvenne il mio trasferimento di luogo di lavoro dal prestigioso ristorante “Sabatini” alla personale gestione de “Er Comparone”. Questo spostamento non comportò grossi traumi, poiché data la vicinanza e le “amicizie” imbastite in undici anni di lavoro nel primo locale, per i clienti fu una vera goduria alternarsi tra i due ristoranti che sembrava agissero in modo quasi simile.
Certamente si preferiva il primo quando si avevano clienti più di rango, oppure quando si era freschi di stipendio perché nel secondo si spendeva molto ma molto meno. Per quanto riguarda le collaborazioni fortunate che mi sono capitate nella mia lunga carriera di gestore responsabile, una fra tante altre mi è rimasta indelebile nella memoria.”
“Avvenne dopo un anno de “Er Comparone”. Voglio raccontarvela così come mi sovviene:un mattino mentre ero intento a scrivere il menù del giorno mi si presenta un distinto ed elegante signore, giunto a cavallo di un lampante “guazzetto”, costoso scooter della casa “Moto Guzzi”.
Mi saluta educatamente e allo stesso tempo mi fa capire che cerca un lavoro riempitivo, che dia uno scopo alla sua giornata che ormai era diventata noiosa per il fatto che era stato messo in pensione dopo quarant’anni di ininterrotto lavoro presso il famoso ristorante “Piperno a Monte Cenci”, rinomato e decantato maggiormente per i fritti all’italiana, ma ancora di più per i “carciofi alla giudìa” di cui conservava la vera ricetta.”
La proposta di questo anziano signore mi intrigò subito e cogliendo l’occasione al volo lo invitai a presentarsi subito il giorno dopo.
Non me ne sarei mai pentito per più di un motivo. Il primo e più lampante si riferisce alla creazione in simbiosi con il sottoscritto di un nuovo sistema di cottura del famoso originario “carciofo alla giudìa”.
Il secondo motivo fu che oltre a pensare alla preparazione del carciofo, si occupava anche della pulizia di piatti, padelle e pavimenti. La terza qualità era la puntualità.
Ultima nota che lo riguarda, dopo qualche anno, al momento di licenziarsi causa il ricovero in una clinica per un’operazione molto delicata, mi rese la metà esatta dei soldi della liquidazione, che io ritenni equa, dicendomi che per lui quella cifra era esagerata.
Questa rinuncia mi è rimasta impressa anche perché una situazione del genere fu per me unica, non si sarebbe più verificata nel corso del mio rapporto di lavoro con i dipendenti e collaboratori.
Con l’arrivo di questo personaggio nel nostro locale ovviamente incominciammo a proporre, anche noi, gli originali “carciofi alla giudìa” autentici e del tutto uguali a quelli che da anni propinavano a iosa nell’altra sponda del Tevere, vicinissima ad un tiro di schioppo.
I clienti ne furono entusiasti, specialmente i “giudii”.Sì gli ebrei, veri paladini della bontà di questo piatto che insieme ai “torselli”, l’indivia fritta e i filetti di baccalà erano tra i piatti più richiesti. Tuttora mi sento un carciofo dipendente e mi aiutano anche in campo finanziario.
Come per incanto tutti i numerosissimi clienti che casualmente mi incontrano a Roma e in altre località italiane non mancano mai di salutarmi ricordandomi le ore passate a mangiare gli squisiti carciofi “alla Camillo”, dicono loro.
E poi questa è bella, la spiegazione della realizzazione del carciofo “alla Camillo” è diventata una vera tortura.
E’ da trent’anni che gentilmente cerco di insegnarla ai moltissimi curiosi di tutto lo stivale, ma non credo che qualcuno l’abbia capita, ed è per questo che ora, una volta per tutte, la voglio scrivere e mettere a vostra disposizione nella speranza che questa vera e propria “invenzione” culinaria non passi nel dimenticatoio al momento, spero lontano, della mia dipartita.
Senza drammatizzare, “a Camì stiamo a parlare di carciofi”. Per farvi capire meglio la preparazione ve la scrivo in romanesco, niente paura…non quello del Pinelli o di Trilussa, non lo capisco bene nemmeno io, ma nel romanesco maccheronico che io ho imparato in cinquant’anni di frequentazioni trasteverine.
La ricetta:
Carciofi alla Giudia, Pronti, via: mezza dozzina de carciofi de media grandezza di qualità “violetti”. Quelli romaneschi i “cimaroli” nun vanno bene quelli so’ boni alla “romana” fatti al tigame, ripieni de pan grattato aglio prezzemolo e cotti a bagno de acqua e oio “attuati” per benino co’ la carta paia; quelli spinosi fateveli sulla carbonella de pampini de uva.
Dicevamo “violetti” la provenienza è molto variegata, io ho sempre usato quelli provenienti da tre regioni; i primi a fine settembre arrivano dalla Puglia, più teneri sfilati e delicati; i secondi dalla Sicilia, e per ultimi i “sardegnoli” che durano fino a maggio, polposi e teneri allo stesso tempo. Detto questo passiamo alla capatura “er cortello deve da tajà” altrimenti nun poi “rifinì” bene la “mammoletta” .
1° fase:togliere tutte le foglie eccedenti e dure, troncare in modo netto ilgambo, non devono rimanere che due centimetri con ilresto del gambo reciso “ve ce fate ‘na bella frittatina “bavos•etta” e appetitosa.
Taglio elicoidale, ricamate armoniosamente il”mappamondo ” e dopo spellate due centimetri di gambo che vi è rimasto. Lavate con acqua e poco limone, scolate per benino e questa fase è completata.
2° fase:la cottura deve avvenire a bagno d’olio significa immergere i carciofi nell’olio bollente e sufficiente a coprire tutto il carciofo, attenti vi ho detto bollente inteso come centodieci gradi. Non di più, è in questo modo che bisogna farli cuocere se la friggitrice è al massimo non si può ottenere il risultato, ma si realizzano gli altrettanti buoni ma bruciati “carciofi alla giudìa”.
Questi che vi vengo a proporre sono “cristiano giudìa” e allora per capirci questa seconda fase deve servire a lessarli nell’olio, e dopo venti minuti circa i carciofi sono cotti e pronti ad essere ben scolati.
3° fase: aspettare che i carciofi scolati siano freddi, non dovete avere fretta “dimenticateli” addirittura, quando sono freddi apriteli uno per uno a “girasole”, no non servono incudine e martello e nemmeno olio di gomito, basta un ditino posto all’interno della “mammola” e delicatamente questi si aprono e prendono la forma di una grossa dalia verde. Poneteli uno sull’altro a “piramide” e vedrete che al momento di passare alla fase successiva, non richiudendosi, appariranno in una forma gradevole agli occhi dei vostri ospiti.
4° ed ultima fase: friggitrice al massimo della sua potenza 170°- 180° ed il gioco è quasi fatto, nel senso che non rimane altro da fare che immergerli delicatamente nello spazio dell’olio bollente senza sovrapposizioni e posti con la parte del gambo, il “culetto” insomma, nella parte più a contatto con l’olio e tempo 10 secondi e vedrete la parte inferiore diventare marrone e croccante la parte superiore invece diventerà di un giallino chiaro, il verde della prima cottura è andato a farsi benedire, al suo posto un croccante e squisito “carciofo alla Camillo” da scolare e condire con sale e pepe che va equamente distribuito nella corolla circolare.
N.B. Questi carciofi hanno un’altra prerogativa ed è quella della surgelazione facile facile, visto che ci siamo ve la spiego:dopo la prima fase di cottura e l’apertura del carciofo ponetelo in vaschette di plastica per alimenti con coperchio abbinato, ci sono di tutti i tipi e volumi, riempite tutto con più carciofi possibili e surgelate. A luglio o agosto offrirli a familiari e ad amici è una vera goduria ve lo assicuro. Dimenticavo:per scongelarli basta toglierli dal surgelatore, 24 ore prima di consumarli e lasciarli sul tavolo della cucina,vi assicuro che al momento di gustarli, dopo averli fritti come già vi ho sopra spiegato, li troverete ancora più buoni e appetitosi, ricordatevi sale e pepe!
Allora avete letto le mie righe sciolte e scritte nella maniera in cui normalmente dialogo, niente di trascendentale, insomma non ci vuole un vocabolario per farne una traduzione. Gossip, gusti culinari, approcci, dialoghi, “stornelli romani” scippi, piccoli soprusi e lunghe serate sotto questo inconfondibile cielo romano, con l’aria ancora respirabile, l’immancabile ponentino che verso le cinque pomeridiane si incanalava lungo via della Lungaretta fino ad arrivare a piazza in Piscinula. In quel momento me lo godevo tutto lasciandomi accarezzare e rinfrescare, mentre ero intento a fare le rilassanti parole crociate, sdraiato su una poltrona pieghevole.
Camillo Tosti