“Er Pittore de Trestevere”
Bartolomeo Pinelli nacque a Roma il 10 novembre 1781, da Giovanni Battista e Francesca Gianfarani, nel rione Trastevere in un edificio oggi non più esistente, ma in corrispondenza del quale si trovano una lapide ed un busto bronzeo che lo ricordano. Suo padre era un modellatore di statue sacre e lo avviò all’arte della manipolazione della ceramica; ma le sue capacità nel campo artistico avrebbero trovato espressione soprattutto nelle tecniche dell’incisione, del disegno e della pittura. Si formò prima all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove la famiglia si era trasferita nel 1792, e poi all’Accademia di San Luca a Roma, dove era tornato nel 1799. Sempre nel 1799 cominciò la collaborazione con Franz Kaisermann, per il quale dipinse le figure delle sue vedute all’acquerello. Nel frattempo diede inizio ai suoi studi, che lo portarono nel 1807 a completare l’Album di trentasei acquerelli di “Scene e Costumi di Roma e del Lazio”. Del 1809 è la sua prima serie di incisioni dal titolo “Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi incisi all’acquaforte”. Fu probabilmente nello stesso anno che si sposò con Mariangela Gatti, dalla quale ebbe una figlia femmina, forse morta in giovane età e di cui non si conoscono nemmeno gli estremi anagrafici, e un maschio, Achille, che seguì le orme paterne in campo artistico. Nel 1816 realizzò le illustrazioni per la Storia Romana e nel 1821 quelle per la Storia Greca. Tra il 1822 e il 1823 realizzò le cinquantadue tavole per il Meo Patacca. Morì il 1 aprile del 1835.(Roma 1781-1835),
La Lapide
Sormontata dal busto del pittore Bartolomeo Pinelli (Roma 1781-1835), artista che ha saputo documentare egregiamente la Roma dell’inizio del XIX Secolo, alla cui memoria è dedicata la lapide, si trova in Viale Trastevere, ma ha una storia ben più complessa di quanto si possa immaginare.Bartolomeo Pinelli, come ricordato nella targa, nacque nel 1781, “in una casa esistente in quest’area”, ovvero in Via San Gallicano 22, casa che venne distrutta quando iniziarono le prime demolizioni per il Viale del Re, oggi Viale Trastevere.
Sappiamo infatti, che a fine Ottocento, in un edificio di Viale del Re adibito a bagni popolari, campeggiava una lapide in memoria del Pinelli, cui, nel 1900, fu aggiunta un’ulteriore lapide che ricordava che la lapide in cui si ricordavano i natali del celebre incisore era la fedele riproduzione di un’altra lapide presente in Via San Gallicano, su un edificio demolito.
La sorte però volle che anche quell’edificio per bagni popolari venne demolito, per sostituirlo con un nuovo edificio per uffici comunali. Fu allora, che dopo tante traversie, nel 1958 si decise di celebrare finalmente Bartolomeo Pinelli, uno dei custodi della Romanità e dell’identità Trasteverina, in un modo più degno e meno movimentato: fu quindi posta una nuova lapide, sormontata da un busto bronzeo dell’artista, opera dello scultore Trasteverino Gabriele Vangelli. Da notare, una lieve imprecisione nella lapide, in cui, citando il Belli, il Pinelli è detto “er pittore de Trastevere”, quando, la citazione corretta, sarebbe “er pittore de Trestevere”.
…In occasione della morte dell’incisore romano Bartolomeo
Pinelli (Roma 1781 – ivi 1835), che con le suoi sterminati lavori di grafica , documentò la Roma ottocentesca, Giuseppe Gioachino Belli gli dedica un sonetto senza tanti fronzoli.
Pinelli muore il 1 aprile del 1835, e ,poco dopo, il 9 aprile, il Poeta prende penna e carta e scrive il sonetto ” La morte der zor Meo”,dove Pinelli è indicato come pittore trasteverino.
Nelle brevi righe del sonetto, Belli fa espliciti riferimenti sia all’aspetto fisico bohémien di Pinelli, sia alla morte avvenuta per alcolismo, e all’abitudine di Pinelli di sperperare i soldi, guadagnati col suo lavoro di grafica, all’osteria del Gabbione. Locale dove il Pinelli consumava tutti i suoi guadagni mangiando e bevendo e offrendo a bere e mangiare…e, sempre Belli, che lo ricorda, proprio a causa di queste abitudini, Pinelli morì in miseria, tanto che il funerale fu fatto con una colletta di soldi spontanea da parte di alcuni ammiratori.
Si racconta infatti che molti artisti, vestiti a lutto, con torchi,di cipresso in mano, lo accompagnarono alla tomba.
Se non bastasse… poi , dulcis in fundo, Pinelli morì anche scomunicato! Nel giorno di san Bartolomeo dell’anno 1834, il suo nome fu pubblicato in S.Bartolomeo all’Isola Tiberina sulla “lista degli interdetti per inadempimento al precetto pasquale.
Così Pinelli fu sepolto imbalsamato senza monumento né lapide nel 1835, a Roma, proprio davanti a Fontana di Trevi nella chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio .
Quando, nemmeno un secolo dopo, i soci di una associazione romanista, che volevano ricordare il bravo Pinelli e rinfrescarne la memoria, andarono a ricercare la sua tomba, si trovarono di fronte al fatto che sia la sua tomba che il suo cadavere erano scomparsi.
Nessuno seppe dare spiegazioni. Così ci si dovette semplicemente contentare di affiggere una targa commemorativa…
« Fu Bartolomeo Pinelli di media statura, di fisonomia e di portamento vivaci; portò folta la capigliatura che a lunghi boccoli gli incorniciava il viso e gli scendeva inanellata dinanzi […]; i tratti del viso ebbe marcati, ma regolari, e non portò che i piccoli mustacchi come appare anche nel suo busto che fu posto al Pincio. Di costumi fu bizzarro, amante anche troppo dello scherzo.
Pinelli vestiva a modo del popolo, e lo si vide sempre girare per Roma accompagnato da due grandi mastini e munito di mazza che aveva per pomo una figura di bronzo. Era facile all’ira quantunque fosse di consueto allegro e faceto; fu scettico [leggi: ateo] come molti degli uomini di ingegno del suo tempo e fu patriota a suo modo, cioè innamorato di Roma antica, nella quale concentrò tutti i suoi affetti
La morte der zor Meo
Si, quello che pportavali capelli
Ggiù pper gruggno e la mosca ar barbozzale
Er pittor de Trestevere, Pinelli,
È ccrepato pe ccausa d’un bucale.
V’abbasti questo, ch’er dottor Mucchielli,
Vista ch’ebbe la mmerda in ner pitale,
Cominciò a storce e a mmasticalla male,
Eppoi disse: “Intimate Ii FrateII”
Che aveva da Iassà? Ppe ffà bbisboccia.
Ner Gabbionaccio de padron Torrone,
È mmorto co ttre ppavoli in zaccoccia.
E II’anima? Era ggià scummunicato,
Ha cchiuso l’occhi senza confessione…
Cosa ne dite? Se sarà ssarvato?
9 aprile 1835
Questa bella chiesa (S.Anastazio e Vincenzo)..è famosa soprattutto perché conserva in urne di ceramica le viscere di molti papi, secondo un’antica tradizione , conclusasi nel 1903 in cui i papi si era soliti imbalsamarli.
Complimenti per questo sito, nuovo per me e mi sembra nuovo anche per voi. Le piccole storie di Roma, i suoi quartieri e i suoi artisti mi piacciono tanto, e dalla mia Argentina leggo tutto volentieri.