Un porto glorioso
…Quanta storia da raccontare per Ripetta; un luogo perduto della Roma più bella di sempre. Progetti avvicendatisi in pochi anni e tanti aneddoti, perchè Ripetta era soprattutto un Porto ed il vezzeggiativo “Ripetta” era d’obbligo per diversificarlo da quello di Ripa Grande , più a valle.
Esso si apriva scenograficamente ed inaspettatamente sul fiume tra le quinte delle case, con la sagoma ondulata di tipo Borrominiano. una splendida architettura creata nei 1705 da Alessandro Specchi e ripresa per la scalinata di Trinità de’ Monti.
…Voluto da Clemente XI Albani, fu costruito con i resti di un’intera arcata del Colosseo, caduta per le scosse del terremoto del 1703. In supporto con gli avanzi dell’acquedotto dell’Acqua Vergine scoperti in quegli anni nelle fondamenta di Palazzo Serlupi in via del Seminario.Il porto di Ripetta risultava formato da due ampie cordonate con ripiani che mettevano in comunicazione le banchine con il piano stradale. Al centro era un piccolo emiciclo contornato da sedili e con alle estremità due colonne idrometriche. Nel mezzo dell’emiciclo si trovava una graziosa fontana a scogliera, con delfini, fatta costruire nel 1704 da papa Clemente XI Albani. Affinché vi si potessero dissetare i facchini addetti allo scarico di legna da ardere e vino e oggi sistemata, insieme con le due colonne idrometriche, in piazza del Porto di Ripetta.
Il porto, prima dei Ponti
Lo scalo di Ripetta, con un movimento minore rispetto a quello di Ripa Grande, accoglieva il traffico fluviale proveniente da monte e serviva allo smercio dei carichi diretti al centro di Roma. Vi ancoravano, partiti da Orte e da Terni, i barconi carichi di legna, carbonella e grano, portando quei vini leggeri e comuni che il Belli e con lui i Romani chiamavano “l’acquaticci de Ripetta”.
...E poi venne il ponte
Il ponte, come dalle attese dei suoi finanziatori, favorì lo sviluppo urbanistico della zona Prati con costruzioni di palazzi e villini e tra i costruttori più attivi ci furono il conte Cahen, il principe Odescalchi, il conte Coello.
Fu demolito nel 1901 dopo la costruzione di ponte Cavour.
Oggi Porto e Ponte non esistono più , la costruzioni degli argini del Tevere ha cancellato tutto.
Dal Ponte di Ripetta a Ponte Cavour
Il ponte ,era lungo 100 metri, poggiava su 10 pilastri cilindrici collegati da un traliccio metallico la testata di sinistra fu piazzata a sormontare il dismesso Porto omonimo.
Benché piccolo era dotato anche di illuminazione a gas.
Nel 1873, ad appena due anni dalla proclamazione di Roma Capitale, il Conte Cahen è a capo del consorzio dei costruttori del nuovo comprensorio urbano dei Prati di Castello, oggi conosciuto con il nome di «Quartiere Prati».
Il Conte chiede al Comune di Roma, anche a nome del Principe Odescalchi e del Conte Coello, di realizzare un nuovo ponte sul Tevere, per collegare alla città la nuova zona di espansione, e ricavarne così una forte valorizzare fondiaria dei terreni. Il Comune risponde favorevolmente e progetta in tempi rapidi il nuovo attraversamento sul Tevere, intitolato al Conte Cavour. La realizzazione però incontra inspiegabili lentezze: Ponte Cavour, in effetti, sarà completato solo 28 anni dopo.
Nel frattempo il Conte Cahen, che probabilmente ha già intuito quale mostro orribile sia la burocrazia del nascente Stato unitario italiano, si rivolge ad una società belga che costruisce ponti smontabili in acciaio, e ottiene dal Comune la licenza per installarne uno tra le due sponde di Prati di Castello e il Porto di Ripetta. Si tratta di un avveniristico ponte in acciaio a travata unica, carrabile, lungo esattamente 100 metri, che si appoggia su soli 8 tubolari in ghisa e calcestruzzo piantati direttamente nell’alveo del fiume. I costi sono sostenuti interamente dal consorzio guidato da Cahen, che ottiene di poter rientrare delle spese riscuotendo il pedaggio per l’attraversamento del ponte.
Il cantiere è aperto nel 1878 e, dopo appena un anno, la passerella viene aperta al transito il 14 marzo 1879, giorno del compleanno di Re Umberto I, che tiene a battesimo la nuova struttura.
Ad onor del vero, il primo ad avere l’idea di costruire un ponte a Ripetta, fu Papa Sisto V.
Il progetto era pronto e si erano trovati persino i fondi per l’opera, ma la sua realizzazione venne impedita probabilmente, per ragioni strategiche: un malcelato timore che sarebbe stata una nuova via di accesso per il nemico a Castel Sant’Angelo .
Roma ha sicuramente perso così, uno splendido ponte cinquecentesco, degno di Papa Sisto V, il più fervido ideatore e realizzatore di opere urbanistiche a Roma.
In realtà non c’erano molti ponti a Roma, né in epoca Romana, né durante il periodo Papale, ma dopo l’Unità d’Italia, se ne edificarono addirittura 9.
Prima per poter attraversare il fiume c’erano delle piccole barche che traghettavano i romani, tra le due sponde del Tevere.
Le “barchette” erano in funzione a Roma da secoli e partivano da appositi imbarchi.
La barca veniva spinta a fiume dai “barcaroli”, mediante una fune sospesa che andava da una riva all’altra del Fiume.
Il costo del passaggio era irrisorio, mezzo bajocco circa.
Ma torniamo per un secondo alla storia del porto Clementino, detto comunemente “di Ripetta” per distinguerlo da quello maggiore di Ripa Grande.
Fu sistemato da Papa Clemente XI, donde il nome. In effetti, in una delle numerose posterule delle Mura Aureliane che allora correvano ancora dall’antico “Ponte Aureliano” fino all’altezza di “porta Flaminia”.
Si era venuto a formare già dal XIV secolo, un piccolo, rudimentale porticciolo “abusivo”. Era pressappoco all’altezza della chiesa di S.Rocco, per lo scarico di legname, carbone e vino.
Nel 1704 papa Albani, Clemente XI, approvò la proposta del suo presidente delle strade per la creazione di un sistema di banchine, scalinate e piazzale superiore.
Un progetto, cioè, che prevedeva la sicurezza e la facilità di approdo di un porto, unito alla bellezza ed alla gradevolezza di un monumento.
Il Porto Perduto
La realizzazione venne affidata all’architetto Alessandro Specchi, che si avvalse della collaborazione di Carlo Fontana e di …un terremoto, che avendo fatto crollare un’arcata del Colosseo, agevolò la realizzazione dell’impresa:
Come accennato fu infatti fonte di materiale pregiato come il travertino. La costruzione era caratterizzata da due ampie cordonate curve che, dalle banchine, salivano al livello stradale (dove si affacciavano la chiesa di S.Grergorio dei muratori e l’edificio della Dogana, detta “la Doganella”).
Aneddoti e rarità…
Una pregevole antesignana testimonianza cinematografica della passerella di Ripetta ci è miracolosamente tramandata dai celebri “Fratelli Lumiere”, da copertine dell’Illustrazione Italiana e da foto private e ad opera di professionisti commissionati a repertare quella Roma che stava cambiando per sempre.
Tra essi i Fratelli D’Alessandri, ma anche molti altri che trovate in questi post tematici.
Dal Porto al Lungotevere
Numerosi i termini con i quali il porto fu identificato negli anni: “porto della Legna”, “porto delle Posterule” o “porto degli Acquaroli”, tutti facilmente ricollegabili all’origine del toponimo.
Il porto era riservato al traffico fluviale proveniente dall’alto corso del Tevere, in alternativa a quello di Ripa Grande dove faceva scalo il traffico marittimo.
Purtroppo il porto non fu tenuto mai in grande considerazione, tanto che cadde ben presto in un deplorevole stato di abbandono:
i lavori pesanti che vi si svolgevano e le periodiche Alluvioni, unite ad una scarsa manutenzione, lo ridussero in uno stato di notevole decadenza, parzialmente invaso dal terriccio e con i gradini sbrecciati.
Non c’è da stupirsi, quindi, se, con la costruzione dei muraglioni, si accettò con indifferenza il sacrificio di questa grande opera architettonica, la quale venne in parte distrutta ed in parte sommersa.
Oggi, di questo grande pezzo di Roma sparita rimangono solamente, collocate in piazza del porto di Ripetta, l’antica fontana detta “Clementina” o “dei Navigatori”
Essa ornava l’emiciclo e le due colonne con i segni che, evidenziati da “dolci manine”, indicano l’altezza raggiunta dalle alluvioni del Tevere, con tanto di data e nome del pontefice regnante.
I Barcaroli
I barcaroli erano riuniti in una congregazione, e quando i ponti a Roma divennero sufficienti scomparvero assieme le barchette traghettatrici .
Prima di allora I romani che volevano andare a farsi un “goccio” in Prati, prendevano la barca di Caronte guidata da Toto, che da anni traghettava i romani a “Prati”.
Oltre il fiume a bere nelle osterie , non era ancora il quartiere cosi popoloso di oggi , ma in piena espansione edilizia, come appare da questa immagine scattata a monte del porto.
Ponti e Pontefici , ad un passo dall’Unità Italiana
Nel 1847 si costituì una società per la costruzione di 4 ponti sospesi, chiamata appunto “Società dei ponti sospesi”, ed erano in progetto : il Ponte dei Fiorentini o del soldino, il Ponte di Testaccio, la riattivazione del Ponte rotto, ed appunto, quello di Ripetta.
Nel 1963 furono realizzate la passerella di ponte rotto e il “ponte de fero” come i romani apostrofavano il ponte dei Fiorentini.
…In realtà di Ponte Rotto, la società edificò solo la parte mancante, impiegando 7 anni per terminare il lavoro. Per cui alla fine ci fu una lite giudiziaria e la revoca dell’appalto.
L’edificazione del Ponte di Ripetta passò ad una società belga, che edificò il ponte in ferro e legno, e per passarvi bisognava pagare un pedaggio di 5 centesimi ai costruttori.
Quando la passerelle fu acquistata dal Comune di Roma il passaggio divenne gratuito, aumentò il passeggio cittadino sulla riva di Prati dove sorsero nuove osterie e nuovi bagni.
Il Ponte rimase attivo fino al 1884, anno in cui il Comune di Roma acquistò il ponte dalla società Belga per 150.000 lire, ed il primo atto dell’Amministrazione capitolina fu quello di abolire il pedaggio.
L’Ingegner Calvi, l’allora capo del Ministero dei Lavori Pubblici, voleva salvare il Porto del maestro Specchi e aveva proposto di costruire un altro ponte più a valle, dove oggi c’è Ponte Regina Margherita, ma non venne ascoltato ed il nuovo ponte venne edificato proprio nel mezzo del Porto di Ripetta, opera di Papa Clemente XI, dando il colpo di grazia alla magnificenza ed alla storia dello storico porto.
Che bisogno c’era di farlo proprio li ? uno dei misteri di Roma, che continuarono con la nuova Italia, ben dopo la caduta dell’impero papale.
I muraglioni del Carnevari
Ma i Muraglioni avanzavano veloci e sul finire dell’800 l’architetto Andrea Busiri aveva presentato un progetto per un ponte fisso a 3 ordini in ferro laminato e ghisa, ad una sola campata di 100 metri sul fiume Tevere.
Secondo l’architetto, gli ordini del ponte dovevano essere divisi in questo modo : il primo ai laterali destinato al passaggio pedonale, ed il secondo al centro per la carreggiata delle vetture, e a doppio binario per i tram.
Il ponte nel progetto di Busiri era sorretto da due grandi travi, pilastri dorici in ghisa, busti in ghisa di italiani illustri, nelle scienze e nelle arti, messi come corona del gruppo centrale che avrebbe rappresentato sempre in ghisa la città di Roma.
Gli ingressi dovevano essere trionfali, con un ordine ionico per sostenere i piedistalli di 4 colossali figure in metallo, la Meccanica, l’Industria, la Teoria e la Pratica, con i relativi geni delle scienze e delle arti, intrecciati con festoni di fiori e frutta.
Il progetto non fu accolto, il Comune di Roma decise infatti di edificare quello che oggi è Ponte Cavour e per la legge del taglione, il Ponte di Ripetta viene smantellato.
Il destino del vecchio ponte
nel 1901, Ponte Cavour viene finalmente completato, e il Comune, come da accordi, riscatta dai costruttori la Passerella, con una somma in denaro, smontandola.
Si decide in quel periodo di rimontarla alla Magliana. Bisogna superare in realtà più di un problema di ordine tecnologico: la passerella di 100 metri è troppo corta per congiungere le due sponde del fiume, che in quel tratto misura circa 130 metri. Il problema viene risolto «segando in due» la passerella, e lasciando nella nella parte centrale un ponte levatoio ad azionamento elettrico, apribile per il transito del vaporetti. La cambina di elettrificazione è ancora oggi visibile sulla sponda sinistra del fiume.
La scelta di questo luogo per l’edificazione del nuovo attraversamento non è casuale. Le nuove norme di bonifica sanitaria, che hanno introdotto il divieto di ingresso a Roma per i pastori impegnati nella transumanza, mettono anche in luce la mancanza di un ponte extra-urbano fra Roma e il mare. Le rotte della transumanza fra l’Abruzzo e il mare non sono certo in cima all’agenda dei politici del tempo, ma il cul-de-sac in cui il Tevere pone Roma dal punto di vista militare, isolandola in caso di invasione straniera e impossibilitandola a ricevere rinforzi, convincono gli amministratori del tempo a collocare alla Magliana la passerella, in un punto allora in aperta campagna ma considerato intermedio tra l’Urbe e il mare.
I primi a beneficiare della passerella sono proprio i pastori. Ponte della Magliana diventa in breve l’unico crocevia delle rotte della transumanza a sud di Roma, e di lì a breve nasce, nei pressi del torrente Papa Leone, un «procoio», piccolo villaggio di capanne mobili per la sosta dei pastori e degli armenti. Da questo insediamento, a partire dal 1915 nascerà la Borgata Petrelli.
L’impresa di Blondin:
Il Porto di Ripetta fu anche teatro della famosa ‘impresa del francese Blondin, un acrobata, che attraversò il Tevere su una corda posta a 25 metri di altezza e posta tra la Casa degli Specchi sulla riva sinistra e a un tronco di albero sulla riva destra.
L’evento fece accorrere molte persone, che si accalcarono sul Ponte, l ‘impresa ebbe successo, e Blondin si fregiò della attraversata di Ripetta a Roma , dopo altre mirabolanti imprese come l’attraversata delle cascate del Niagara.
Tristi Aneddoti…
Il ponte fu altresì teatro di uno spaventoso delitto, che indignò tutta Roma; un tale Augusto Formilli volendo disfarsi della moglie per andare a convivere con l’amante, la condusse qui il 9 luglio del 1890 e la gettò nel fiume.
La donna si era aggrappata alla spalletta del ponte per non precipitare e l’uomo la picchiò così ferocemente, che la donna abbandonata la presa, precipitò nel Tevere ed annegò, il corpo non fu mai ritrovato.
Il Formilli riconosciuto come assassino evitò il linciaggio, venne arrestato, giudicato e condannato a 30 anni di carcere, quando scomparve il ponte, si rimosse anche il ricordo di quel tragico delitto.
Rimane solo nelle citazioni di alcune riviste illustrate dell’epoca eppure fu un avvenimento che echeggiò nell’intera Europa e che pochi conoscono oggi.