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Ripetta: Aneddoti e Storie

Ripetta a luci Rosse

In questa seconda parte dedicata a Ripetta:  aneddoti e storie anche piccanti. Un Toponimo che identificava una via ma anche una zona , dal fiume sino al Corso, Un tessuto di case e casupole, piccoli vicoli e tanti approdi minori a monte e valle del più noto.

Spettatori a passeggiata di Ripetta fine 800

La zona e la via, prendono il nome dal porto fluviale minore ,  quello di Ripetta, ma la via in origine si chiamava via Leonina, perché fu aperta da Leone X nel 1520. . Per trovare i fondi per  completare e  pavimentare la via il Papa istituì un tributo annuale sulle numerose meretrici (o “cortigiane”) che abitavano ed esercitavano nei vicoli limitrofi, ciò che passò alla storia come la “tassa sulle puttane.” 


Una soluzione ineccepibile se si considera che un censimento del 1490 per volere di Innocenzo VIII annoverava un numero di meretrici attive a Roma di circa 6.800, .

Nel 1526 un successivo censimento praticamente confermò un 10% di percentuale; addirittura dal rione Campo Marzio , su 4.750 abitanti, ben 1.250 – oltre un quarto! – vivevano di prostituzione , altro che Amsterdam.

 

Uno splendido rendering 3D ci regala suggestioni perdute

Nella seconda metà del 500, sulla spinta della Controriforma, papa Pio V decise di promuovere una campagna moralizzatrice e pensò di cacciare via dalla città tutte le meretrici.

Ma gli amministratori capitolini protestarono, sostenendo che la perdita di un sostanzioso introito derivante dal tributo annuo sulla prostituzione avrebbe nuociuto non poco alle casse del Comune.

Così fu emanata una legge che costringeva tutte le prostitute della città a vivere e ad operare in una piccola area di Campo Marzio.

E poiché molte erano riluttanti a sottostare alle regole, nel 1569 il perimetro dell’area venne recintato con delle mura, proprio com’era accaduto al ghetto ebraico da parte del papa precedente circa quindici anni prima .

Questa zona di Roma alla caduta dell’impero romano venne piano piano abbandonata e lasciata all’incuria. Grazie ad un permesso di papa Niccolò V nel 1453, ad occupare queste zone furono dei rifugiati provenienti dall’odierna Croazia e Slovenia, che in dialetto venivano chiamati schiavoni. Nel ‘500, in seguito alle numerose guerre e quindi alla povertà diffusa all’interno della società italiana, il fenomeno della prostituzione cominciò a dilagare anche nella Roma papalina e così il papa di allora cercò di arginare il fenomeno contenendo le prostitute nella ona dell’Ortaccio di Campo Marzio. Le reazioni degli abitanti di questo rione, non furono positive, anzi, si levarono vere e proprie proteste perché i residenti furono costretti a far allontanare

“le donne oneste della loro Nazione” perché “per esser la casa assegnata a uso delle povere donne della nazione nostra, in via detta Schiavonia, dove al presente è deputato il serraglio delle pubbliche meretrici, non è conveniente, che le dette donne honeste schiavone, habitino in loco dishonesto”

La Fontana

Fontana re Porto di Ripetta

La fontana originariamente si trovava al centro di una piazza con delle gradinate che scendevano verso il Tevere. Fu realizzata nel 1704, insieme al porto, dall’architetto Alessandro Specchi, su incarico di Papa Clemente XI Albani.

Lo scopo della fontana era quello di dissetare i facchini addetti allo scarico di legna da ardere e vino.

La fontana era protetta da un giro di colonnine. Alcuni decenni più tardi fu aggiunta la lanterna di ferro, per facilitare l’approdo notturno delle imbarcazioni.

la Fontana del Porto di Ripetta

Fontana e le colonne idrometro, che indicavano le piene del Tevere , furono smon- Piazza del Porto di Ripetta tate e messe in magazzino. Oggi possiamo di nuovo vedere questi elementi davanti a Palazzo Marescotti, a poca distanza dalla loro posizione originaria, anche se in parte riadattati da Filippo Bai.

Quando furono costruiti gli argini, a causa delle frequenti inondazioni del Tevere, il porto fu interrato. La fontana è costituita da un bacino circolare con bordo pronunciato.

Al centro si trova uno scoglio informe sul quale c’è una valva di conchiglia che raccoglie l’acqua proveniente dalla bocca e dalla sommità delle code di due delfini.

Sulla fontana c’è una lanterna in ferro con una stella, uno degli emblemi araldici degli Albani. Il loro stemma è visibile sul lato posteriore della fontana. 

 

Le funzioni portuali

il Porto

“Fatto innalzare con saggia provvidenza”, riporta una cronaca del 1708, “da N.S. Clemente XI nel 1704 su l’amene rive del Tevere, per pubblico beneficio ed ornamento, poiché serve di asilo alle barche che portano dall’Umbria e dalla Sabina, li viveri a cotesta città.

Contiene il medesimo, gradini assai lunghi, con alcune cordonate e mostra due faccie. La prima è rivolta verso il Fiume essendo adorna dell’arme di S.S. con l’iscrizione: CLEMENTI XI PONT. MAX. QUOD VERERI NAVIUM STATIONE AD TUMULUM CAESARUM MAGNIFICEA RESTITUTA CIVIUM COMMODIS URBIS ORNAMENTO PROSPEXERIT CURATORES VIARUM POSUERE ANNO SALUTIS MDCCIV. La faccia verso la strada è di forma semicircolare con sedili all’intorno di marmo con balaustri e fontana nel mezzo.

L’armonia delle scalinate ideate da Specchi, oggi malamente imitate allo scalo del pinedo

…Il semicerchio suddetto,  termina su due colonne lavorate ad imitazione dei “ceppi miliari”degli antichi romani, ravvisandosi in esse il tempo e l’altezza delle inondazioni.

Il disegno di detto porto è di Alessandro Specchi. “Li travertini impiegati” furono parte del Colosseo. Alla destra dello istesso, incontro a San Rocco, stanno le abitazioni “dè doganieri e delli ministri”.

Di quanto elencato da questa cronaca coeva alla costruzione stessa del porto,  non resta che  due colonne e la fontana, sistemate sul luogo un tempo occupato dalla chiesa e congregazione dei Muratori.

La costruzione di questo scalo che sostituiva il Porto della Posterula, il quale favoriva per via fluviale l’approdo delle piccole imbarcazioni provenienti dalla Toscana, dall’Umbria e dall’alto Lazio, la “veteri navium statione” riportata dall’iscrizione, venne imposta dal crescente traffico con l’interno dello stato della Chiesa.

Le funzioni Portuali

..Legname, olio, sale e vino costituivano le materie più trafficate. L’olio condiva, conservava, illuminava ed era la base di ogni cosmesi; il sale conservava, condiva ed era utile per la pastorizia, il legno era combustibile e materia prima per ogni tipo di costruzione ed utensile.

La confusione doveva essere indescrivibile. Immaginarsi poi quando nel mezzo della via Ripetta giaceva uno degli obelischi del Mausoleo di Augusto! Paolo V, Borghese, cercò di riassettare la zona fin dal 1614.

Ed il suo grande interesse è facilmente comprensibile dato che da poco aveva terminato “il grande edificio di casa Borghese”.  Grazie anche al terremoto del 1703 che rese disponibile molto materiale, specie del Colosseo, di pronto uso.

Il 18 ottobre del 1703 lo Specchi diede inizio ai lavori, riuscendo anche ad utilizzare materiale d’origine imperiale, relativo agli scali di Roma antica di cui non se ne sospettava la presenza. Ed in breve si ebbe lo scalo.

Foto scattata lo stesso giorno della successiva, una rara testimonianza delle tre corvette inglesi descritte dal Capitano Gay nel post sul barcone del ciriola

Ripetta a monte del porto, si scorge la copertura dell’augusteo ai tempi Teatro Correa, vanto della città nel quale si esibì Mascagni e si tenne anche un banchetto in onore di Garibaldi, venne sacrificato non dai savoia ma dal piccone demolitore del Duce, in nome della retorica urbanistica di quegli anni.
Questo curioso progetto di ponte mobile a forza intrinseca non fu preso in considerazione, malgrado prevedesse il poassaggio di navi con albero più alto del ponte da monte a valle e viceversa
Il ponte di Ripetta in una rara foto da monte sponda sinistra

 

Il ponte di ripetta in progetto
Ponte Cavour appena costruito
Il porto della legnaia a valle di Ripetta, vicino piazza Nicosia 1876
Il Ponte di Ripetta in una diversa e rara immagine, transumanza da e per il neo quartiere Prati, questo ponte ed il successivo ne furono la fortuna per attività dei primi 900
I muraglioni ormai abbracciano il ponte, ma la zona scura già indica dove verrà costruito Ponte Cavour

Il commercio del vino nel Porto di Ripetta e le corporazioni dei vignaioli

Nei secoli del potere temporale dei papi il vino, oltre ad essere l’alimento più diffuso e più richiesto dal popolo, costituiva uno degli elementi più importanti dell’economia privata e pubblica.

 

Una delle “voci” da cui lo Stato sicuramente traeva i mezzi per rimpinguare le sue casse sempre bisognose.

Il numero delle persone che in vario modo si guadagnavano la vita sul commercio del vino era vastissimo cosicché molte corporazioni vi crebbero attorno.

Intanto la corporazione dei vignaioli, e cioè dei produttori, divisi in quattro sodalizi, con le loro rispettive sedi di San Lazzaro a Montemario, San Rocco a Ripetta, Santa Maria della Consolazione e Santa Maria dell’Orto in Trastevere.

Subito dopo, per importanza, veniva la corporazione dei sensali di Ripa e di Ripetta, che esercitavano il commercio del vino all’ingrosso.

Rotaie a via Ripetta e lo splendido edificio a ridosso delle scalinate dopo i muraglioni, fu demolito per la liberazione dell’augusteo e la posa dell’Ara Pacis

Il mestiere era così ambito che la Santa Sede, nel 1562, vendette trentaquattro licenze di sensale a cinquanta scudi l’uno.

Quando arrivavano al Porto di Ripetta i barconi carichi di vino, il sensale si metteva subito in contatto con i loro proprietari per cercare i compratori.

Questi erano raccolti nella corporazione dei magazzinieri e possedevano enormi magazzini a Ripa Grande e a Ripetta, da dove poi rivendevano il vino ai tavernieri, agli albergatori e agli osti di Borgo, ciascuno dei quali era riunito nella propria corporazione.

Nel 1854 Pio IX fondò l’Università dei mercanti di vino che raccoglieva osti, tavernieri, magazzinieri e albergatori con sede nella chiesa di Santa Maria in Trivio.

Nel suo cortile ancora oggi si può vedere lo stemma dell’arte: il sole che illumina una vite piena di uva. L’osteria fu sempre soprattutto un punto di incontro, l’espressione di un istinto sociale, il luogo che accomunava nobili e popolani, intellettuali e operai.

 

La Fontana della Botticella

…Dedicata ai portatori del vino… Esistono a Roma due fontane con l’effige di un facchino e di un barile: una in via Lata, dedicata ai portatori d’acqua.

 

l’altra in via di Ripetta, dedicata invece ai portatori del vino. L’originale fontana del facchino portatore di vino addossata alla facciata del palazzo Vendramini, alla quale riusciva a dare un certo tono vista la mediocrità del palazzo che fu successivamente demolito durante i lavori di sistemazione dell’area circostante l’Ara Pacis.

la fontana, smontata, venne traslata sulla facciata della chiesa di San Rocco. Nel 1570, per celebrare la conclusione dei lavori di adduzione dell’acqua Vergine di Roma, era stata prevista la realizzazione di diciotto fontane dislocate in diversi punti della città una delle quali doveva essere sistemata su San Rocco.

In realtà l’acqua fu condotta principalmente per servire l’ospedale delle Celate (le donne che erano costrette a partorire in anonimato) e solo nel 1774 quando l’ospedale subì un totale restauro, la Camera Apostolica donò una certa misura d’acqua alla condizione però che questa volta la famosa fontana fosse realmente costruita.

Di fronte a San Rocco, nel porto di Ripetta, attraccavano le navi cariche di mercanzia; per tale ragione la confraternita degli osti volle erigere una fontana ristoratrice raffigurante un facchino simbolico per tutti i portatori di legno, vino, acqua, verdura, di tutte le merci che arrivavano a Roma per via fluviale; non a caso scelsero il portatore di vino.

Via di Ripetta, Fontana di Clemente XIV o della Botticella addossata a Palazzo Valdambrini (demolito per isolare il Mausoleo di Augusto e per l’apertura di Piazza Augusto Imperatore nel 1935-1940, la fontana venne ricostruita in una nicchia che fiancheggia la Chiesa di S. Rocco)

Il perché si ritrova nelle abitudini e consuetudini del porto, fra tutte le merci in arrivo la più ambita e desiderata era senz’altro il vino.

Infatti tutte le partite di questa merce provenienti dall’alto Lazio trovavano qui i primi diretti estimatori e ovviamente assaggiatori: erano i portatori che compivano il magico rito della degustazione, dinanzi alla chiesa, patronimica degli osti, accompagnato da feste e baldorie.

La fonte non poteva avere quindi migliore sistemazione se non qui, fra San Rocco e S. Girolamo degli Schiavoni, in una nicchia ricavata nell’arco Piazza del Porto di Ripetta 6 che collega le due chiese. Una buffa testa d’uomo dal berretto sbilenco, tipico dei facchini, sorridendo versa acqua in una sottile vasca ovale sospesa su un mucchio di pietre che fanno da fondale a tutta la composizione.

Alla base di questa vasca, due fistole gettano acqua in un rozzo catino che a sua volta la riversa nell’imboccatura di una botte rovesciata sul fianco. Un bordo marmoreo, infine, delimita una piscina a livello terra che conclude la composizione. Sul fondale, oltre all’ammasso informe di pietre, è disegnata una cornice in falsa prospettiva che inquadra la valva di conchiglia da cui spunta la testa ridanciana del facchino. Un arco decorato a bassorilievo nella cui lunetta si disegna una apertura ogivale serrata da un’inferriata, delimita la fontana superiormente.

 

 

Il Piano Regolatore

Il piano regolatore di Roma capitale d’Italia prevedeva la lottizzazione dell’ampa pianura dei prati di Castello, da qui la necessità di collegare il nuovo quartiere con la parte antica della città.

Nel 1877, una società belga costruì il primo ponte metallico della capitale appoggiandolo sull’emiciclo di fronte a S. Girolamo degli Schiavoni, il Vescovali nel 1901 costruì il ponte Cavour, s’allargò la via Tomacelli, ed il collegamento con gli urbanizzati prati di Castello, era cosa fatta. La costruzione dei muraglioni nel frattempo aveva cancellato quanto restava dell’antico porto.

Un’eco della monumentale scenografia è tutt’oggi suggerita dai motivi architettonici dello Scalo del Pinedo costruito nel 1929 tra Ponte Cavour e Ponte Matteotti proprio a ricordo del Porto di Ripetta, che nella memoria della città era anche uno dei luoghi dove i romani si recavano a fare il bagno nel fiume e dove nel giorno di San Rocco.

Il 16 agosto, avevano luogo gare di nuoto, usanza mantenuta in vita fino al 1950 e ancora presente nei club privati sorti numerosi lungo le rive del Tevere.

 

Tra passeggiata di Ripetta e piazza Nicosia, 1898 , edifici sopravvissuti ai Muraglioni, verranno demoliti nel riassetto dell’Augusteo
Attracco a monte di Ripetta, alcune merci venivano scaricate qui per comodità di trasporto verso piazza del Popolo
Il porto a muragliamento appena finito
Ponte Cavour dopo lo smontaggio del Ponte di Ripetta
Ponte Cavour verso Ripetta , primi 900

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