Oggi come allora…
Ponte Fabricio; vecchio , anzi antichissimo…Di solito si fa riferimento al Ponte Milvio, 200 a.C., o al ponte Sublicio, 600 a.C, nell’immaginare quale sia il ponte più antico di Roma, ma non si considera però che tali ponti erano originariamente in legno, e che furono fatti più volte ricostruire, in tutto o in parte. L’ultima volta ad esempio il ponte Milvio fu fatto (in parte) saltare da Garibaldi nel 1849 per ostacolare l’avanzata delle truppe francesi.
Ponte Fabricio chiamato oggi Ponte Quattrocapi, è il più antico ponte all’isola Tiberina, Roma, è sulla riva sinistra del Tevere, fu costruito nel 62 a.C. in origine era un ponte ligneo, unisce Ripa, cui l’isola appartiene, è tra i ponti più antichi di Roma entro le mura, secondo solo a ponte Milvio .
Ma Sisto V, aveva la mano molto pesante: basti pensare alla sorte che attendeva coloro che osavano parlare durante l’erezione dell’obelisco vaticano…( venivano impiccati in loco..). Non fece sconti anche in tale occasione: infatti attese pazientemente che i lavori di restauro giungessero al termine, quindi catturò i quattro architetti e li fece giustiziare proprio lì, sullo stesso ponte che essi si erano affaccendati a restaurare….
Poi a titolo di monito, secondo l leggenda, vi fece collocare due sculture, che rappresentano i volti dei quattro architetti, ancora oggi visibili
Ciascuna delle 4 teste rivolta sdegnosamente le spalle alle altre tre, nonostante facciano parte di un’unica statua: e così quegli architetti che in discordia sono stati nella vita, ora sono condannati per l’eternità a condividere lo stesso spazio.
Bisogna sapere che l’attraversamento del Tevere, fino in tempi relativamente recenti, non era cosa così banale come oggi: i ponti non erano molti, e le piene ricorrenti del fiume mettevano a dura prova la stabilità di quei pochi.
La gestione e il mantenimento dei ponti era quindi un compito di vitale importanza strategica e coloro che se ne occupavano, nella Roma antica, erano personalità illustri e rispettatissime. Essi si investivano spesso anche di un potere sacro e operavano le ritualità necessarie ad ottenere il favore degli dèi. Oggi ne abbiamo traccia nella stessa parola “pontefice”, che deriverebbe da “pontem facere”, cioe: il pontefice era il “costruttore di ponti”!
Realizzato in tufo e in peperino e all’esterno è in travertino, vi è anche una parte in mattoni di epoca tarda risalente a Papa Innocenzo XI, del 1679. Sul ponte vi si legge l’iscrizione del 62 a.C. “L. Fabricius curator viarum”. E’ a due fornici, tra i quali se ne inserisce uno più piccolo che aiuta a smaltire le acque del Tevere quando è in piena. E’ lungo 62 metri e largo 5,50 metri, la luce degli archi è di circa 24,50 metri.Di erme quadri ne erano state poste quattro, ma le altre due andarono perdute nei primi del Settecento Sulle arcate del ponte Fabricio si legge la scritta “Lucius Fabricius G(aii) F(ilius) cur(ator) viar(um) faciendum coeravit” Fabricius era curator, era un pubblico ufficiale che aveva avuto l’onere e l’onore di una costruzione pubblica che doveva essere perfettamente eseguita, altrimenti ne avrebbe dovuto rispondere alle severe leggi dello stato romano ( mica come oggi…), e per questo ogni cosa doveva avere la sua approvazione, quindi su entrambe le facciate del ponte si legge la sua approvazione “idemque probavit”.
La datazione di ponte Fabricio ci viene fornita da Dione Cassio che parlando degli avvenimenti del 62 a.C. , l’anno prima c’era stata la congiura di Catilina e il consolato a Cicerone, ci dice che fu costruito un ponte che conduce all’isoletta in mezzo al Tevere. Il ponte Fabricio poggia su un pilone di dimensioni esagerate, data la poca lunghezza del ponte, ma Fabricio voleva essere sicuro della sua stabilità.
Ci sono anche 3 finestre arcuate, per permettere lo sfogo dell’acqua del Tevere in piena, e due piccole finestre laterali di 3,50 metri oggi inglobate nelle case del ghetto e sull’isola dove c’è la Torre della Pulzella, nome dato da una piccola testa marmorea che spicca sulla costruzione medioevale forse del X secolo. L’arco nella parte alta del pilone, la centrale, è ornato da due lesene in travertino con capitello ionico.
Questo è uno degli angoli più suggestivi e affascinanti di Roma e del Tevere. Oltre all’iscrizione di cui sopra, vi sono anche le iscrizioni di Marco Lollio e Quinto Lepido del 21 a.C. per attestare la buona agibilità del ponte, probabilmente a seguito di un restauro dopo una delle piene del Tevere. Da notare sulla sponda verso l’Isola Tiberina la Torre della Pulzella, che ha di fronte il campanile della chiesa di San Giovanni Calibita. Sempre sul ponte Fabricio si trova un’altra lapide, dettata dai restauratori di Papa Innocenzo XI, nel 1679, che dice, “Innocenzo XI Pontefice Massimo il Fabricio ed il Cestio che formano un unico ponte, vacillanti per vecchiezza ed affaticati dal peso, al pristino decoro ed a pubblica comodità con più salde spallette e più solida pavimentazione entrambi rafforzati e lastricati restaurò l’anno 1679, terzo del suo pontificato”.
I vari nomi del ponte Fabricio furono oltre che ponte Quattrocapi, anche ponte dei Giudei, perchè l’area era abitata dagli ebrei, (per volere di Papa Paolo IV nel 1556 gli ebrei vivevano nel ghetto detto “serraglio delli hebrei” circondata da mura e da 5 portoni, e le case degli ebrei, sul lato del fiume, andavano a strapiombo sul Tevere, proprio a ridosso della testata del ponte. Mentre il nome di ponte Tarpeius compare solo 2 o 3 volte, a partire dai primi anni del Cinquecento, forse la reminiscenza del monte Tarpeo presso il Campidoglio. La prima volta che il ponte Fabricio venne invece chiamato Ponte Quattrocapi, si trova in una guida fiorentina di Francesco Albertini del 1510, guida dedicata a Papa Giulio II.