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Ripa Grande; il Porto di Roma

Ripa Grande , Quando Trastevere era Il Porto di Roma

Ripa Grande, incisione del Piranesi

Il rapporto tra Roma e il Tevere, antico e vitale, era ancora imperniato nell’Ottocento attorno alle diverse funzioni dei porti di Ripa Grande e di Ripetta, importanti centri del commercio urbano.

All’interno di Roma, le sponde del fiume erano animate e pittoresche per la grande densità di popolazione che a partire dal Medioevo si era stabilita nell’ansa del fiume e per tutti gli aspetti propri dell’ambiente fluviale. In prossimità dei porti di Ripetta e di Ripagrande era un pullulare rumoroso e concitato di barcaioli, un andirivieni di carpentieri, un affollarsi di burchiaroli e si poteva ascoltare uno strano dialetto romanesco marinaro.

Ancora vivacissime immagini erano proprio sul fiume, percorso da frequenti imbarcazioni da carico; si potevano vedere, prima che la piena del 1870 li strappasse dagli ormeggi, gli ultimi tre molini galleggianti. Attiva e movimentata, la vita proseguiva agli imbarcaderi, sui traghetti e le cale.

A valle dei fiume, di fronte all’Ospizio Apostolico di San Michele, era il porto principale di Roma, quello di Ripagrande, costruito fin dal 1692, dove attraccavano, risalendo il Tevere da Fiumicino, le grandi imbarcazioni provenienti dal Mediterraneo, per scaricare soprattutto i corposi vini di Sicilia e la legna della Maremma.

Come oggi appare il San Michele dopo il Muragliamento del fiume

Solo due scalinate a forbice e una banchina rialzata. E’ quanto oggi rievoca il Porto di Ripa Grande ed è molto poco, insufficiente per dare sia pure una vaga idea del grande complesso portuale, segnato com’ era da due torri e da una lanterna a mo’ di faro sovrastante le banchine di ormeggio. Il retrostante palazzo del San Michele, fortunatamente ancora in piedi, non c’ entrava nulla con il porto, al quale faceva solo da quinta spettacolare. C’ erano piuttosto una serie di caseggiati a destra e sinistra della banchina, che erano destinati a magazzini di rimessa e alla dogana; tutti abbattuti per la costruzione dei muraglioni e del lungotevere alla fine dell’ Ottocento.

Ripa Grande, Incisione di G.Vasi
I Vascelli, il Faro, la Dogana; quando trastevere era un Porto, il più grande di Roma.
1932, scortato da due chiatte si trasporta via fiume il monolite mussolini, sulla destra una rara o forse unica foto del casino San Michele che pare ospitasse il caffè del porto e dove sarebbe dovuto essere rimontato il faro , di cui però non abbiamo trovato nessuna notizia riguardo la sua ingloriosa fine

Ma il complesso portuale proseguiva oltre l’ attuale ponte Sublicio, nella zona al di là della porta Portese e a fronte della via Portuense. Qui era la località della Bufalara, dove sostavano le mandrie di bufali utilizzate per l’ alaggio, ovvero il sistema di trasporto delle merci sulle navi mercantili che risalivano il corso del Tevere trascinate dalle funi tirate dai bufali. E l’ alaggio restò in vigore anche quando arrivarono a metà dell’ Ottocento le imbarcazioni a vapore, così che la zona della Bufalara era una sorta di prolungamento portuale al di là di Porta Portese, disteso dalla riva alla via Portuense. La Bufalara era dove oggi si apre una serie di caseggiati in degrado, in gran parte rabberciati con strutture metalliche, officine più o meno abusive di meccanici e gommisti e depositi dei venditori del mitico mercato domenicale che si sviluppa sulla strada, ovvero scoperchiati e destinati ad accumulo di detriti di varia natura. Fino al civico 11, dove è il complesso dell’ Arsenale Pontificio. Che era in sostanza l’ ultima struttura del porto, l’ unica oltretutto rimasta ancora in piedi.

ll Papa inaugura la prima stazione Italiana; la Roma Civitavecchia di Porta Portese.
Ripa Grande dalla sponda Aventina
I piloni di ponte Sublicio , i giardini di Donna Olimpia ed a sinistra quel che restava della fortificazione destra del Porto 
Il porto visto dalle rampe; i velieri ed il faro, quando Trastevere era il Porto di Ripa Grande
Porto di Ripa Grande 1878
Porto di Ripa Grande 1849

Il più importante porto di Roma, per questo detto “Grande”, fu dunque quello di Ripa. Già dal IX-X secolo gli scali fluviali si trasferirono su questa sponda, in quella che si chiamò “Ripa Romea” dai pellegrini (ovvero i “romei”) in contrapposizione allo scalo commerciale della sponda opposta, la “Ripa Graeca”. Inizialmente  assai modesto, Ripa Grande era in origine una piccola banchina ed una scaletta che la univa al piano stradale, gli aumentati traffici, la estesero via via fino ad assumere un aspetto più “pratico”, con due scale poste una di fronte all’altra ed alcune casette, situate in prossimità del fiume, adibite ad Uffici della Dogana.

1918, alcune barche e velieri ancora mantengono il vita quel che rimane del porto dopo i muraglioni, di cui rimangono solo delle copie delle rampe e la sporgenza dove un tempo c’era il faro. Probabilmente nella costruzione salvaguardarono “l’effetto porto”, mantenendo lo stesso assetto delle rampe ed una costruzione al centro; rimane tuttora il mistero di che fine abbia fatto il faro e del perchè si demolì la struttura decò …l’area oggi rimane decontestualizzata anche per questa rimozione inspiegabile.
Banchina del San Michele al Porti di Ripa Grande, fine 800, splendidamente adornata da una Olmata
Il Porto di Ripa Grande dalle terrazze dell’aventino. 1878
La dogana di Porta Portese primi 900, qui oggi scorrono allegramente i binari del tram verso ponte Sublicio

Il Faro e le Dogane

Al porto potevano arrivare solo velieri di medio tonnellaggio; quelli di stazza maggiore dovevano scaricare le merci a Fiumicino, che venivano trasportate poi in città attraverso il fiume su piccoli bastimenti trainati da bufali lungo la riva destra del Tevere o tirati mediante robuste funi da lunghe file di uomini detti “pilorciatori” (da cui il termine “spilorcio” nel significato traslato di “tirato”, ovvero avaro). Intorno l’850 papa Leone IV, preoccupato dalle minacce dei saraceni (per lo stesso motivo fece costruire anche le mura della Città Leonina), fece costruire due torri su entrambe le rive, a valle del movimento portuale, per assicurarsi contro una risalita a sorpresa del fiume: di notte una catena veniva tirata fra le due torri per sbarrare il passaggio. Poi fece costruire un’altra torre più a valle, alla quale si addossava una cappelletta con un’immagine alla quale i marinai rivolgevano l’ultimo saluto: era la “Madonna del Buon Viaggio”.

La dogana vecchia al Porto di Ripa Grande,tra san Michele e vicolo del Porto
Plastico Francese realizzato a metà 800 per contrastare i ribelli della Repubblica Romana, niente meglio di questo plastico può restituire il Porto nel suo contesto di massimo splendore, nella Trastevere ancora piena di orti e vigneti

L’incremento del traffico fluviale costrinse papa Innocenzo XII ad ampliare, nel 1693, il porto, riunendo gli Uffici della Dogana in un unico complesso ed affidandone l’incarico all’architetto Mattia De Rossi.
Questi realizzò un grande fabbricato accanto alla porta Portese, allargò la banchina e sistemò il porto con muraglioni e nuove rampe, che un’elegante cordonata raccordava ad un’ampia piazzola: fu da allora che si chiamò Porto di Ripa Grande. Situato di fronte all’antico Emporium, ma naturalmente collegato al porto di Ripa Grande, fu insediato l’Arsenale Pontificio , un cantiere che serviva principalmente a riparare i barconi e le chiatte che discendevano e risalivano il fiume. Fu commissionato dalla Camera Apostolica nel 1714, sotto il pontificato di Clemente XI, ed è caratterizzato da due navate accessibili mediante una duplice arcata a sesto acuto e dal tetto a capanna, con al centro un “occhialone” nel quale è stato posto lo stemma del pontefice sorretto da ippocampi uscenti dall’acqua.

Arsenale Pontificio 1969, usi più o meno illegittimi lo connotarono sino ai nostri giorni, dove finalmente sgombrato, sembra destinato ad un recupero culturale nell’immediato futuro

L’arsenale svolse la sua funzione fino al 1892 circa, cioè fino a quando i nuovi argini del Tevere lo privarono di ogni possibile contatto con il fiume. Lo scenario del complesso architettonico raggiunse il suo apice con la torre-faro sormontata da una lanterna, che fu fatta costruire ai primi dell’800 da papa Pio VII.  Un mistero avvolge la fine di questo faro che durante i lavori di muragliamento, si era ipotizzato potesse essere rimontato su una costruzione posta tra le due rampe attuali, ma mai posto in opera, per contro anche il casotto, nato per ospitare il gran caffè del porto (così denominato nel progetto)fu demolito intorno gli anni 40 senza motivazioni. Il porto di Ripa Grande già sminuito nel traffico, dalla ferrovia Roma-Civitavecchia di Porta Portese, che portava più facilmente a Roma le merci, fu definitivamente spazzato via per i “muraglioni” del Tevere.

Il Porto visto dalla Salara all’Aventino in un dipinto del 700
Scavi archeologici di fine 800 all’Emporium, sulla sinistra il porto di Ripa Grande

Scomparvero anche le due torri: quella sulla sponda destra fu demolita per la costruzione dell’Ospizio di S.Michele, quella sulla sponda opposta per la costruzione del relativo lungotevere. Oggi, a memoria di quest’altro grande “pezzo” della storia di Roma, rimane soltanto una doppia scala (piena di erbacce e pietre sconnesse),

Scorcio inedito dalla antica via Salara sotto l’Aventino e sulla riva opposta lo sfarzo del San Michele col Porto di Ripa Grande 1892
Ripa Grande dall’Aventino 1888

L’ arsenale attuale è frutto di tre precedenti costruzioni ed è rimasto fino ad oggi nella sua edilizia settecentesca, a due arcate a sesto acuto, destinata alla costruzione di grosse tartane da pesca e alla riparazione di barconi e chiatte. Fu restaurato da Pio IX nel 1853, come indica lo stemma Mastai sovrapposto all’ ingresso principale, mentre sul prospetto verso Porta Portese è lo stemma di Clemente XI. La sua funzione terminò con l’ abbattimento del porto, anche perché con la costruzione dei muraglioni l’ arsenale non ebbe più l’ accesso al fiume; peraltro in diverse occasioni era stato utilizzato in funzione di deposito, come quando nel 1798, durante la repubblica giacobina, vi fu nascosta tutta la biblioteca del Vaticano. Ai primi del Novecento vi s’ insediò il cantiere Welby, una ditta inglese che lavorava nel settore dei trasporti. Dopo la seconda guerra mondiale è stato usato come deposito di materiali per l’ edilizia e, come tale, adibito fino ad oggi a rivendita di certi materiali, mentre la parte posteriore è occupata da rivenditori di biciclette. Sono molteplici i progetti realizzati per il suo recupero, tra l’ altro per ricavarne uno spazio culturale ed espositivo.

Progetto Pilia Emanuele
Progetto Verri
Progetto Zeffirelli

Da anni ormai il recupero di questo manufatto è oggetto di tesi di Laurea , progetti di fondazioni e grandi e piccoli studi di urbanisti ed architetti,non vi sarà difficile trovarne i rete, sembra che comunque il Mibact abbia finalmente in cantiere qualcosa di concreto visto che da oltre 10 anni questo luogo dimenticato è sotto la protezione dell’Unesco.

 News

Notizie recenti parlano di nuove destinazione decise s finanziate:

…Esposizioni ed eventi nell’edificio dell’arsenale. Uffici nelle corderie. Ristoro e bookshop nel magazzino del sale. Lo Studio Insula di Roma si è aggiudicato la gara per la progettazione esecutiva che disegnerà nel dettaglio il recupero e la valorizzazione di quello strano complesso a Porta Portese che in pochi, passando di fretta su via Portuense, riescono a decodificare. Al termine dei lavori, per i quali il Mibac ha previsto un investimento di 8 milioni di euro, quella sarà la nuova sede della Quadriennale di Roma, adesso ospitata a Villa Carpegna.

Dogana di Porta Portese[/caption]
La vecchia Dogana a vicolo del Porto sulle mappe del Falda

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