Dalla Meta Romuli alla via Alexandrina
Il Problema della Spina di Borgo nasce molto prima dei patti Lateranensi e del ventennio fascista.
Nel Giubileo del 1500 Papa Alessandro VI Borgia decise che la città doveva poter accogliere un gran numero di pellegrini e quindi, si rendeva necessaria una via dedicata che senza problemi, conducesse a San Pietro ed in asse con il Portale del Palazzo Vaticano.
Ci fu dunque, il progetto e la realizzazione della Via Alessandrina.
Ma tutt’intorno a San Pietro ed al Vaticano era cresciuto Borgo con i Palazzi dei Cardinali e delle famiglie aristocratiche ma anche le case degli artigiani e del popolino che attorno alla Curia trovava da lavorare e viveva.
Per realizzare la nuova via il Papa non si fece fermare dalla necessità di demolire alcune costruzioni ed anzi nel 1499 fece anche demolire uno dei superstiti mausolei a forma piramidale di Roma conosciuto come Meta Romuli.
Durante il medioevo l’imponenza delle suddette piramidi fece senz’altro presa sull’immaginazione della gente, che le associarono a Romolo, il mitico fondatore e primo re di Roma, e a suo fratello Remo e chiamata Meta Romuli. Alcune fonti parlano esplicitamente del monumento come la Tomba di Romolo.
La Meta Romuli rimase integra fino al 1499. In quell’anno la via voluta dal papa Alessandro VI , che ribattezzò dal proprio nome via Alexandrina, circa metà della piramide, che ostruiva la strada, venne sacrificata.
La porzione rimanente scomparve qualche decennio dopo, nel 1564, quando la vicina chiesa di Santa Maria in Traspontina fu demolita e ricostruita 100 metri più in là, dov’è situata ancora oggi.
Il tracciato della via era in linea retta, ortogonale al portone del Vaticano e partiva dal Ponte dell’Angelo; questa via fu chiamata Recta, o Alessandrina e solo più tardi di Borgo nuovo.
Papa Alessandro diede ordine alla Camera Apostolica di vendere i lotti di terreno che erano stati tracciati ai due lati della strada con la clausola che gli acquirenti dovevano costruire palazzi di almeno 70 palmi ( m. 15,64) di altezza.
Da Borgo Nuovo alla casa di Raffaello.
La nuova via divenne la strada più importante del quartiere a ridosso di San Pietro, nella cui Fabbrica erano in corso i lavori di ampliamento ed abbellimento.
Tali opere finiranno solo dopo oltre un secolo ed influirono anche nello sviluppo della zona fino a quel momento occupata in prevalenza da abitazioni di tipo popolare.
Ai lati della via fu realizzata una lottizzazione con isolati di forma regolare in cui si realizzarono i nuovi palazzi: a Piazza Scossacavalli il Bramante stava finendo il Palazzo per il Cardinale di Corneto (oggi Palazzo Giraud-Torlonia) e, sempre il Bramante, in un angolo della stessa piazza costruiva il Palazzo Caprini che pochi anni dopo sarà acquistato da Raffaello per farne la propria residenza romana.
la Spina d borgo ha ormai un aspetto simile a quello definitivo anche se le stratificazioni storiche continueranno fino al tardo 800.
Lo stesso Raffaello progettò e seguì la costruzione di due palazzi di cui uno fu quello di Branconio dell’Aquila- lo stesso rappresentato nel famoso dipinti di Raffaello autoritratto con un amico- il cameriere segreto di Papa Leone X Medici e custode del celebre elefante Annone.
L’altro palazzo fu quello del medico di Leone X Giacomo da Brescia, che aveva comperato una striscia di terreno molto piccola che terminava a punta sebbene posizionata in posizione ambitissima tra via Sistina (non la odierna ma nei borghi) e Via Alessandrina.
Video emozionante con audio originale a Scossacavalli
Via Alessandrina fu per la Basilica di San Pietro ed il Vaticano un’altra via di accesso anche se la direzione era verso le aree meno abitate di Roma dove però confluivano le strade provenienti dal nord.
Ma soprattutto l’apertura della nuova strada fu l’inizio di una vera ristrutturazione urbanistica della città che i Papi iniziarono a partire da Borgo.
Qui la struttura viaria era incentrata su Via Borgo Vecchio e Via Alessandrina che correvano parallele con la Piazza Scossacavalli con punto di snodo tra le due e su cui si affacciavano il grande Palazzo della Rovere ed i nuovi palazzi Corneto e Caprini.
Benchè poi la via Alessandrina mutò velocemente in Borgo Nuovo, resta curioso come a distanza di pochi anni, entrambe le vie Alessandrine; (questa e quella ai fori) vennero rase al suolo dal Duce negli anni del Piccone Demolitore-Risanatore.
Dalla Fabrica al “Nobile Impedimento”
Durante il XVI e XVII secolo, fu portata a compimento la ricostruzione della Basilica di San Pietro e quando si pose il problema di sistemare la grande piazza davanti alla basilica, Papa Alessandro VII volle affidare l’incarico a Gianlorenzo Bernini di valorizzare quella che allora veniva chiamata Platea Sancti Petri.
La progettazione iniziata nel settembre del 1656 durò ben undici anni perché i problemi architettonici, estetici liturgici e simbolici erano molti.
Il risultato finale fu di una piazza articolata, una “piazza retta”, di forma trapezoidale davanti alla chiesa, con dalla facciata due bracci porticati rettilinei leggermente convergenti verso una piazza ovale che si apriva intorno all’obelisco ed era delimitata da un colonnato di forma ellittica con tre file di colonne a simboleggiare l’abbraccio della Chiesa all’intera umanità.
L’effetto Sorpresa
La grande scenografia che Bernini aveva creato si andava ad innestare sul quartiere di Borgo con le sue stradine strette che non lasciavano vedere nulla.
Così Bernini progettò il cosiddetto “terzo elemento” un altro porticato che continuava la curva degli emicicli dalla parte opposta della basilica così che il visitatore arrivando dalle viuzze di Borgo entrava in una Piazza San Pietro chiusa in sé stessa come uno scrigno prezioso.
Ma Alessandro VII muore nel 1667 e del “terzo elemento” non si parlò più.
Tra le due ali del colonnato rimase uno slargo da cui si poteva ammirare la Basilica di S. Pietro, mentre alle spalle restava il quartiere rinascimentale delimitato da Via di Borgo Vecchio e Via di Borgo Nuovo e con al centro un isolato di forma allungata che ben presto venne denominato “Spina di Borgo”
… Curiosamente l’idea del terzo colonnato fu ripresa una volta demolita la Spina d Borgo , proprio da Spaccarelli e Piacentini, i quali scontenti dell’effetto prospettico, diverso da quello immaginato, concepirono l’idea di un “nobile impedimento”, un terzo colonnato appunto, che con carrelli e cartapesta cercarono di progettare in loco nelle giuste proporzioni e collocamento.
Poi venne la guerra…e questo progetto venne dato in pasto ai pesci del fiume…
I Patti Lateranensi
“Siamo riusciti a chiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio”.
Così Papa Pio XI commentava la firma dei Patti Lateranensi avvenuta l 11 febbraio 1929 dopo quasi 60 anni di scontri sulla questione romana.
La data non era casuale, era l’anniversario delle apparizioni della Madonna di Lourdes, il nome veniva da San Giovanni in Laterano dove il cardinale Gasparri per la Santa Sede e Benito Mussolini per il Regno di Italia sottoscrissero tre accordi.
Un Trattato riconosceva l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede che fondava lo Stato della Città del Vaticano, la Convenzione finanziaria prevedeva un risarcimento di 750 milioni di lire a beneficio della Chiesa per le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive;
il Concordato definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo stabilendo la norma del giuramento dei nuovi vescovi al Governo italiano che dal canto suo riconosceva le leggi su matrimonio e divorzio e rendeva il clero esente dal servizio militare.
I Patti garantirono alla Chiesa anche il riconoscimento del cattolicesimo religione di Stato in Italia, e resero obbligatorio l’insegnamento della religione cattolica a scuola, già presente dal 1923.
Nel 1948 i Patti furono riconosciuti nella Costituzione italiana, nel 1984 un nuovo Concordato stabilì che la Chiesa potesse essere finanziata da una frazione del gettito fiscale attraverso 8×1000 e che la nomina dei vescovi non richiedesse più l’approvazione del governo italiano.
Fu anche stabilito che nelle scuole si potesse richiedere l’esenzione dall’ora di religione cattolica, prima obbligatoria. Da allora la religione cattolica non è più religione di Stato ma è riconosciuta come religione maggioritaria.
Novant’anni dopo la firma i Patti hanno ancora un senso in quanto permettono alla Chiesa italiana di non essere sottoposta a qualsiasi autorità politica terrena, ma di dover rendere conto della sua missione universale solo a Dio, la sua indipendenza è sacra.
Resta da chiedersi se gli accordi bilaterali possano essere migliorati per garantire una reale conoscenza delle radici cristiane anche in contesti extrascolastici dove spesso il pregiudizio e il laicismo ignorano la cultura religiosa alla base della società civile.
Roma ed i piani Urbanistici post unitari
Quanto Roma sia cambiata negli anni che vanno dal 1870 al 1950 è fatto certamente assai noto.
Ma alcune trasformazioni, hanno di fatto mutato ben più di altre, l’aspetto attuale della città.
Uno di questi interventi, un vero e proprio sventramento, fu quello intrapreso in epoca fascista nel rione Borgo.
Dal 1936, sulla base del progetto sviluppato dagli Architetti Piacentini e Spaccarelli, iniziò infatti la demolizione della cosiddetta Spina di Borgo:
– Un nucleo urbano altamente popolato posto tra le due strade parallele di Borgo Vecchio e di Borgo Nuovo – che in meno di dodici mesi rese completamente libera la linea visiva che collegava Castel Sant’Angelo a piazza San Pietro.
Le demolizioni e poi la guerra ferma tutto.
A cornice delle demolizioni di borgo, numerose furono le edicole sacre e le fontane rimosse in loco, come la fontana del Maderno che oggi vediamo in piazza S.Andrea della Valle.
Pochi ne sono a conoscenza, ma proviene proprio da qui.
Anche questa opera monumentale, al pari di altre, ha dovuto aver il suo “purgatorio” di anni nei magazzini del comune, per trovare di nuovo acqua e luce in una nuova collocazione.
Ciò che forse è davvero sconosciuta, è altresì la fine che ha fatto il fontanile al suo fianco…ebbene dopo ricerche non facili, lo abbiamo individuato a nuova vita in zona Tomba di Nerone sulla Cassia, dove fa bella mostra di se in un piccolo parco dedicato ai caduti di guerra.
Il via ai lavori fu approvato sia dallo Stato che dalla Chiesa e il 29 Ottobre del 1936 Mussolini stesso, in piedi su un tetto della spina, diede il primo colpo di piccone.
A causa dello scoppio della guerra, i lavori furono sospesi e di fatto il completamento del progetto si ebbe solo negli 50 del secolo scorso, come da nuovi accordi tra lo Stato Italiano e la Santa Sede, creando così la nuova Via della Conciliazione.
La sua etimologia derivava appunto dagli accordi sottoscritti con i Patti Lateranensi nel 1929.
Due propilei furono così costruiti ( al posto del nobile impedimento) di fronte a piazza San Pietro ed in quello meridionale fu incastonata l’antica chiesa di San Lorenzo in Piscibus; due edifici monumentali furono invece eretti all’inizio della via sul lato opposto, verso Castel Sant’Angelo e lungo la strada furono innalzate due file di obelischi, che i romani battezzarono prontamente “le supposte”!
Le demolizioni oltre la Spina
Cosa abbiamo perso invece oltre la suddetta Spina?
Praticamente un intero quartiere, tra i più antichi della Roma medioevale e rinascimentale, popolatissimo e gli sfollati, molto numerosi, furono tutti dislocati nella prima periferia di Roma.
Ciò accadde fra l’altro perché i nuovi edifici eretti ai lati della strada, non avevano funzione abitativa, ma ospitavano uffici, alcuni dei quali usati dal Vaticano.
A livello artistico invece, con l’apertura di via della Conciliazione, si è decretata la perdita dell’idea prospettica che il Bernini voleva dare al visitatore, regalando la sorpresa di uscire dalla Spina di Borgo:
…Una zona costituita da piccole vie e una serie di palazzi incastonati l’uno con l’altro , per giungere alla meraviglia dell’enorme piazza con il colonnato davanti alla Basilica!
Degli edifici che qui erano presenti, la maggior parte fu completamente distrutta.
Pochi furono quelli ad essere risparmiati, come per esempio la chiesa di Santa Maria in Traspontina, Palazzo Torlonia e Palazzo dei Penitenzieri, ma solo perché si trovavano più o meno in asse con la nuova strada.
…Ancora meno quelli che furono spostati e ricostruiti, come per esempio Palazzo dei Convertendi.
Ciò che poi scomparve completamente fu anche piazza Scossacavalli, forse la più importante del rione su cui si affacciavano Palazzo dei Penitenzieri e la Chiesa di San Giacomo e che aveva nel suo centro la fontana opera di Carlo Maderno, risparmiata dalle distruzioni del secolo scorso e che oggi possiamo ammirare di fronte a Sant’Andrea della Valle.
La piazza si trovava esattamente a metà della Spina di Borgo: nel 1500 papa Alessandro VI Borgia, per risolvere il problema del traffico per il Giubileo imminente, fece costruire una nuova strada, la Via Alexandrina o Recta, quella che poi venne detta Borgo Nuovo. Non sono molte di più le informazioni di cui disponiamo perché in realtà non fu effettuato alcun rilievo dell’antico quartiere prima della sua distruzione. Ciò che resta oggi sono infatti solo alcuni disegni , foto e stampe grazie ai quali però è comunque possibile riscoprire, anche se solo in parte, questo prezioso angolo della Roma che fu!
Il Dopoguerra ed la nascita della Conciliazione
I lavori interrotti causa il conflitto, ripresero alacremente nel dopoguerra, gli architetti Piacentini e Spaccarelli non fecero che pochi aggiustamenti di tiro, nei progetti già approvati, per essere messi in opera.
La zona era ormai un cantiere abbandonato ed al posto della spina e dei borghi preesistenti, solo vuoti irreali che andavano colmati.
In pochi anni vennero costruiti gli edifici del frontespizio compreso quello dell’auditorium e quelli dei propilei vicino il colonnato.
Misteriosamente scampate alle demolizioni due chiese furono adattate al nuovo assetto: San Lorenzo in Piscibus e S:S Annunziata con L’Oratorio della Annunciatrice, la prima rimase inglobata nell’edificio sinistro del propileo ed è visibile entrando in un portone a via Pfeiffer, completamente raschiata , invisibile quanto inaccessibile. La seconda salvò la facciata, incastonata nel nuovo palazzo del frontespizio a sinistra della conciliazione. Sono questi tra i pochi resti sopravvissuti al piccone demolitore ed ai deliri ipocriti dei due architetti che, mentre parlavano di conservazione del patrimonio riducevano a macerie secoli di storia, cultura ed urbanistica.
Tutto ciò in nome di modelli urbanistici ispirati ai boulevard Francesi di Haussman.
Una megalomania frutto della retorica del ventennio, già ipotizzata ad onor del vero in secoli precedenti e dagli stessi Savoia che però, quando chiamarono lo stesso Haussman come consulente allo sviluppo urbanistico, ricevettero un diniego dal medesimo.
Egli affermò che tutto quanto nella roma millenaria dovesse rimanere inalterato e che la città si sarebbe dovuta sviluppare verso prati e Montamario, lasciando inalterata la Roma di Stendhal e Goethe.
Alla fine il problema di allineamento della Basilica con la via Conciliazione, fu risolto con i lampioni obelisco e la creazione di due corridoi laterali come rievocazione dei borghi .
Tutto fu finito in fretta per l’inaugurazione dell’anno santo 1950 che ne consacrò l’aspetto che tutti noi oggi conosciamo.
Abbiamo avuto l’onore di realizzare per la manifestazione Romaesate, dei pannelli commemorativi ed esplicativi sotto le banchine di lungotevere Castello, che sintetizzavano e mostravano tutto ciò, nella estate 2018
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