Gli anni d’oro della Nave dei Folli
…Era il 1950 circa, allora iniziò l’epoca d’oro per il barcone ed il suo proprietario:”il Ciriola” .Entrambi divennero un mito del fiume. E il mito rimase anche quando un incendio pose fine all attività e alla vita del barcone, nel 1970.
Con lui la Nave dei folli conobbe anni gaudenti di spensieratezza, fino a che, settantenne gli acciacchi di una vita letteralmente “Passata a mollo” lo spensero in un lettino dell’ospedale Santo spirito, verso la fine degli anni 60, ed il barcone, abbandonato, divenne asilo di un vecchio barbone che vi dimorò incontrastato sino la fine degli anni 70, quando rese l’anima a Dio ed il barcone agli dei tutelari del Tevere.
…Risalendo il fiume dall’arsenale di Porta Portese, l’isola ed i nostri ponti oltre Duca Amedeo d’Aosta.
Oltre la mole di Castel S.Angelo un tempo Fino la fine degli anni 80).. avremmo potuto vedere un grosso barcone in stato di completo abbandono, costituito da un lungo scafo sul cui ponte sorgeva una baracca costellata di oblò, con la scritta sui fianchi: “La nave dei folli”.
Galleria Fotografica
Nell’estate 2018 la manifestazione Teverestate ci ha commissionato dei pannelli storici divulgativi, per mostrare i luoghi della manifestazione in alcuni contesti storico-fotografici, questo era il pannello relativo al Barcone del Ciriola
Dimora ormai di barboni e balordi e dunque inviso ormai ai frequentatori del fiume, il barcone procedeva nel suo oblio perdendo pezzi e sbiadendo assieme le scritte, gli antichi fasti.
Rimasto in tale stato di abbandono, attirò in quegli anni, l’attenzione nientepopodimeno che di un Capitano di Vascello del genio Navale: Franco Gay, autorevole cultore di storia e costruzioni navali.
Il capitano osservandolo, si accorse che lo scafo era in piastre di acciaio rivettate, aveva un dritto di prora verticale e rinforzato, una poppa dalla strana linea e, al centro, uno scasso che non poteva che essere il passaggio di un asse destinato a far ruotare due ruote a pale.
Era un vecchio scafo dalle origini incerte: si sapeva che un tempo era utilizzato come trasporto da Fiumicino al Porto fluviale di Ripa Grande, dopo la grande guerra, un “fiumarolo” romano ne entra in possesso e, dopo avergli tolto il motore, aveva costruito quella lunga cabina trasformandolo in uno stabilimento fluviale:
Allora il “biondo Tevere” non era una cloaca a cielo aperto, e molti Romani vi si bagnavano. Prima dell’ultima guerra la gestione passò al figlio del vecchio fiumarolo, di nome Rodolfo Benedetti, soprannominato “er Ciriola” perchè in acqua nuotava più lesto delle anguille, che a Roma sono dette “Ciriole”,: anche egli un vecchio fiumarolo che, nella vita, salvò più di 180 vite di persone in procinto di annegare, raccogliendo oltre 50 medaglie ed onoreficenze per questo.
Tutto questo, specie la fattura dello scafo in piastre e la struttura della prora, facevano pensare ad una nave militare, non certo ad una chiatta.
Basandosi su questi ed altri riscontri, il Comandante Gay giunse alla convinzione che si trattasse dello scafo di una unità fluviale, facente parte di una piccola squadra di tre piroscafi a pale da 72 tonnellate, acquisita in Inghilterra nel 1841 dalla marina Pontificia.
I piroscafi erano il Blasco de Garay, il Papin e L’Archimede, a sopravvivere alle vicissitudini della storia fu proprio quest’ultimo che, senza mai lasciare il Tevere, fu rimorchiatore, trasporto merci , anche, unità doganale del Papa Re, giungendo a navigare in questa veste, fino all’altezza di Passo Corese.
Caduto il Regno Pontificio passò a quello d’Italia e fu attivo fino alla grande guerra; i registri del naviglio lo indicavano come la più antica nave a vapore italiana, ma con l’abbandono dell’Arsenale di Porta Portese e il graduale passaggio delle merci per strada ferrata anziché via fiume,
l’Archimede fu abbandonato, ma la rustica ristrutturazione , prima del fiumarolo, poi del figlio”er Ciriola”, lo riportarono ad una nuova e scapigliata giovinezza durante la quale fu immortalato come suddetto, da molto cinema neorealista, da poveri ma belli ad un intero filone degli anni 50.
Gay pensò bene di rivolgersi all’allora sindaco Signorello, Democristiano..illustrandogli brevemente il suo progetto:
viste le buone condizioni di conservazione dello scafo e l’esiguità delle sovrastrutture originali, sarebbe stato agevole e poco costoso restaurare il vapore e restituirlo, anche se non navigante, ma identico all’originale, alla Città.
L’idea era quella , una volta restaurato e portato alle antiche forme e splendori, di ancorarlo di fronte al san michele, come vessillo di un porto che fu, c’era anche in progetto, di ricostruire tra le rampe che scendono sulle banchine.
Una copia dell’antico casotto con il faro, distrutto senza accortezze durante i lavori di muragliamento del Tevere, per farne un piccolo museo ad esso dedicato , che ne ricostruisse le vicissitudini con foto ed audiovisivi, un progetto molto innovativo sul quale aveva lavorato per molto tempo.
Il progetto riscosse interesse, plausi e lodi ma…niente di fattivo se non una copiosa serie di ma, di se, di forse e di “vedremo”, fino a che, e forse fu una fortuna, l’antico Dio Tevere decise di dirimere tutte le annose controversie a modo suo:
Una piena improvvisa travolse il vecchio scafo in una notte tempestosa, e alla mattina, là dove ormeggiava cigolante la “Nave dei Folli”, si trovò solo un placido specchio d’acqua, dell’Archimede, divenuto barcone del Ciriola non rimase nemmeno una traccia, sotto i ponti e nemmeno alla foce..sparì avvolto da polemiche e mistero..consegnato alla storia da molti fotogrammi e…..questo breve racconto.
Sono stato fiumarolo dal 1952 al 1971 ultimo bagno da zi carlino era una cosa bella stare sul tevere grazie